Educazione

“I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta.”
Antoine de Saint-Exupéry

Non lasceremmo mai giocare nostra figlia con la candeggina, con il fuoco o con qualunque altra attività che potrebbe mettere in pericolo lei o altri.
Così come non le lasceremmo strappare i fiori del vicino di casa solo perché è giusto che sperimenti e scopra la bellezza della natura, o rompere un vaso di cristallo per provare qualcosa di nuovo.
Questo perché crediamo di essere genitori responsabili e sappiamo bene fino a dove può arrivare.
Il punto è che non concepiamo il fatto di dire di no a nostra figlia a priori o per chissà quale principio educativo o, ancora peggio, il fatto di farla piangere con intenzionalità perché deve imparare e capire chi comanda.
Maya ha solo 16 mesi ma ci rendiamo già conto che se le spieghiamo cosa può o non può fare dandole sempre una motivazione, non vi è alcun bisogno di arrivare a minacce, punizioni o castighi.
Se ci pensiamo, da sempre nel mondo, i governi che decidono di negoziare e dare ascolto alla voce del popolo, sono quelli che maggiormente si conquistano il rispetto dei propri cittadini; al contrario, quelli più rigidi ed inflessibili, sono quelli che in maggior misura rischiano una rivoluzione. Secondo noi questo vale anche nell’educazione dei bambini.
Troviamo “immorale provocare deliberatamente una frustrazione, soprattutto in un bambino” (Carlos Gonzales).
Non crediamo che il castigo sia il modo più corretto per insegnare ad un bambino a non ripetere un errore. Se dovessimo farlo anche con gli adulti, ognuno di noi sarebbe in castigo almeno una volta al giorno. Crediamo sia possibile educare senza minacce, punizioni e castighi.

Per iniziare ad approfondire tutti questi argomenti che ci stanno davvero a cuore, partiamo da un concetto secondo noi fondamentale: la resilienza.
Chiunque faccia una ricerca su internet può trovare il significato della parola resilienza, intesa come  la capacità dell’uomo di affrontare le avversità della vita, di superarle e di uscirne rinforzato o addirittura trasformato positivamente.
“…i bambini che hanno avuto una più solida relazione con la madre, quelli che hanno ricevuto più coccole e hanno passato più tempo in braccio, sono quelli che meglio sopportano la separazione. Lo stretto contatto dei primi anni ha dato loro la forza necessaria per sopportare le avversità, capacità questa che oggi gli psicologi chiamano resilienza.

“Sembra che le persone trattate con affetto durante la propria infanzia diventino adulti più pacifici, più amorevoli, più comprensivi e anche più sani e più felici.”
C. Gonzalez

Non crediamo sia matematico che un bambino che ha ricevuto poche coccole o poco affetto, diverrà inevitabilmente un soggetto insicuro. Come in ogni cosa ci sono tante sfumature, non è tutto bianco o nero. Diciamo che a noi è venuto spontaneo e istintivo ricoprire nostra figlia di coccole, tenerla sempre in braccio, assecondare le sue richieste, senza mai pensare di correre il rischio di viziarla.
Siamo sempre partiti dal presupposto che il suo pianto fosse una richiesta di aiuto per rispondere ad un suo bisogno reale. Non lo abbiamo mai inteso come un capriccio.
Se dopo un pomeriggio intero passato a girare per commissioni varie in cui lei è stata ai nostri tempi, comincia a piangere disperatamente, dobbiamo capire che il suo pianto non può essere definito banalmente un capriccio. È chiaro che, dopo ore in macchina, passate da un ufficio all’altro e poi a casa di amici per un caffè, ha tutto il diritto di essere davvero stanca e nervosa.
Questo pianto è il suo modo per chiederci di tornare a casa e magari dedicarle del tempo.
Se ci pensiamo bene, quante volte nell’arco di una giornata i nostri figli assecondano le nostre esigenze e i nostri tempi. Quante proibizioni, quanti limiti, quanti paletti, quanti no. Quante volte utilizziamo la parola "aspetta"? E poi se ad un certo punto cercano di far sentire la loro voce, richiedono un po’ del nostro tempo, ci chiedono di poter fare una cosa che gli piace tanto, noi li accusiamo di essere capricciosi, viziati ed egoisti.
Siamo umani, è normale perdere la pazienza, sentirsi stanchi ed esasperati, soprattutto con i ritmi che ci impone la vita di oggi. A chi non capita di alzare la voce, arrabbiarsi e prendersela istintivamente con chi ci è vicino.
Ma crediamo sia fondamentale, così come chiediamo scusa a nostra moglie o a nostro marito dopo una sfuriata fuori luogo, saper chiedere scusa a nostra figlia. Anche in questo merita profondo rispetto. Solo così, sentendosi capita, imparerà a sua volta ad essere rispettosa.
Credere che i bambini siano essenzialmente buoni, significa credere che lo siano nella loro essenza più pura e profonda.
Non possiamo pensare che un bambino sia ostile, aggressivo, insicuro per sua natura. È chiaro che se ciò che ha ricevuto e vissuto sono derisione, paura, vergogna, aggressioni verbali o fisiche, queste influiranno inevitabilmente sul suo approccio verso il mondo.
Soprattutto crederà che non ci sia un modo diverso di comunicare se non alzando la voce o utilizzando la prepotenza o il ricatto, proprio come è stato per lui.
Su una cosa siamo particolarmente intolleranti e intransigenti: le punizioni fisiche.
Non ci stiamo riferendo a punizioni fisiche degli inizi del secolo che ora ci sembrerebbero tanto crudeli. Ci riferiamo agli schiaffi, ai cosiddetti sculaccioni, alle sberlette sulle manine che, quotidianamente, i bambini ricevono dai genitori, dai nonni, magari anche dalle maestre. Ci rendiamo conto che c’è ancora tanta convinzione nel fatto che uno schiaffo dato al momento giusto non ha mai fatto male a nessuno.
Immaginamo se durante la giornata, ogni volta che commettiamo un errore, nostra moglie o nostro marito ce lo facesse notare con uno schiaffo sulla mano. Personalmente lo troveremmo offensivo, umiliante e ridicolo, allo stesso modo pensiamo sia assurdo farlo con un bambino.
Siamo convinti che lo strumento educativo più importante di cui disponiamo come genitori sia l' esempio. Non si può pensare di insegnare ad un bambino a non usare la violenza continuando noi adulti nei soliti errori.
“Perché -si chiede C.Gonzalez- picchiare un adulto si definisce violenza domestica  e invece picchiare un bambino si definisce punizione fisica? ”.

All’origine del suo futuro: il bambino  impara ciò che vive

Se vive nel rimprovero, diverrà un intransigente;
se vive nell’ostilità, diverrà un aggressivo;
se vive nella derisione, diverrà un timido;
se vive nel rifiuto, diverrà uno sfiduciato;
se vive nella serenità, diverrà più equilibrato;
se vive nell’incoraggiamento, diverrà più intraprendente;
se vive nell’apprezzamento, diverrà più comprensivo;
se vive nella lealtà, diverrà più giusto;
se vive nella chiarezza, diverrà più fiducioso;
se vive nella stima, diverrà più sicuro di sé;
se vive nell’amicizia, diverrà veramente amico per il suo mondo!
Dorothy L. Nolte

Questo famoso testo che ormai quasi tutti conoscono, spiega con molta chiarezza che il bambino impara ciò che vive, perché è con l’esempio che gli si insegna.
Ci chiediamo quanti ci credano davvero e non lo utilizzino semplicemente perché sta bene incorniciato in qualche ambulatorio medico o nell’ingresso di qualche scuola.
Ci auguriamo davvero che l’idea di bambino essenzialmente buono, cominci a diventare convinzione di molti.

Andrea, Elisabetta
Genitori-Consapevoli



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